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Ci sono migliaia di pozzi petroliferi, scavati nel paese a partire dagli anni ‘50, che oggi sono esauriti ma che intercettano fluidi caldi nel sottosuolo. Dimenticati per decenni, oggi si torna a guardare a questi pozzi come possibili fonti di calore geotermico. Essendo già stati scavati, riciclarli offre infatti un doppio vantaggio: in primo luogo, la loro riapertura implica investimenti minimi; in secondo luogo, non c’è rischio minerario, cioè il rischio di non trovare nel sottosuolo quello che cisi aspettava. Anche di questo abbiamo parlato oggi a Padova, nella seconda giornata del Forum Duezerocinquezero della transizione ecologica, con Antonio Galgaro, professore di Geotermia all’Università di Padova.
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Ci sono migliaia di pozzi petroliferi, scavati nel paese a partire dagli anni ‘50, che oggi sono esauriti ma che intercettano fluidi caldi nel sottosuolo. Dimenticati per decenni, oggi si torna a guardare a questi pozzi come possibili fonti di calore geotermico. Essendo già stati scavati, riciclarli offre infatti un doppio vantaggio: in primo luogo, la loro riapertura implica investimenti minimi; in secondo luogo, non c’è rischio minerario, cioè il rischio di non trovare nel sottosuolo quello che cisi aspettava. Anche di questo abbiamo parlato oggi a Padova, nella seconda giornata del Forum Duezerocinquezero della transizione ecologica, con Antonio Galgaro, professore di Geotermia all’Università di Padova.
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