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Si chiama ipertermia oncologica ed è un campo della ricerca e della clinica medica che ha come obiettivo coadiuvare le terapie antitumorali “tradizionali”, come i farmaci chemioterapici e le radiazioni ionizzanti, aumentandone l’efficacia a parità di dose. Come dice il nome, la tecnica consiste nel surriscaldare i tessuti tumorali, fino a far loro raggiungere una temperatura compresa tra i 42 e i 45 gradi centigradi, per mezzo di microonde che permettono di raggiungere l’interno del corpo umano e, a differenza delle radiazioni ionizzanti, sono fondamentalmente innocue. Il calore, invece, non è innocuo: va tenuto d’occhio. Andare oltre certe temperature può essere pericoloso anche per i tessuti sani e proprio le difficoltà connesse col monitoraggio della temperatura all’interno del corpo umano sono state il principale ostacolo alla diffusione di questa metodologia nella lotta contro il cancro. Ma un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino, in collaborazione con la fondazione LINKS, ha forse trovato il bandolo della matassa. ce lo racconta Giuseppe Vecchi, professore del Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni-DET del Politecnico di Torino.
By Radio 245
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Si chiama ipertermia oncologica ed è un campo della ricerca e della clinica medica che ha come obiettivo coadiuvare le terapie antitumorali “tradizionali”, come i farmaci chemioterapici e le radiazioni ionizzanti, aumentandone l’efficacia a parità di dose. Come dice il nome, la tecnica consiste nel surriscaldare i tessuti tumorali, fino a far loro raggiungere una temperatura compresa tra i 42 e i 45 gradi centigradi, per mezzo di microonde che permettono di raggiungere l’interno del corpo umano e, a differenza delle radiazioni ionizzanti, sono fondamentalmente innocue. Il calore, invece, non è innocuo: va tenuto d’occhio. Andare oltre certe temperature può essere pericoloso anche per i tessuti sani e proprio le difficoltà connesse col monitoraggio della temperatura all’interno del corpo umano sono state il principale ostacolo alla diffusione di questa metodologia nella lotta contro il cancro. Ma un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino, in collaborazione con la fondazione LINKS, ha forse trovato il bandolo della matassa. ce lo racconta Giuseppe Vecchi, professore del Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni-DET del Politecnico di Torino.

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