Dopo la vittoria contro Pirro, Roma è ormai diventata la potenza dominatrice dei un territorio compreso fra il fiume Rubicone, a nord, e l'intero centro sud della penisola. Questa direttrice dell'espansionismo romano, tuttavia, metteva Roma di fronte al nemico cartaginese, con la quale era legata da trattati di alleanza che stabilivano una spartizione delle sfere d'influenza. La posta in gioco che aprì il secolare contenzioso fra le due potenze sarebbe stata la Sicilia, dove i cartaginesi erano giunti ad una spartizione del territorio con Siracusa: questi ultimi dominavano nella parte occidentale, i punici, forti della loro flotta da guerra, nella parte orientale. Sfruttando il casus belli rappresentato dalla chiamata sull'isola da parte dei Mamertini, il Senato tracciò una linea d'azione chiara: si doveva proseguire fino alla completa conquista della Sicilia. Roma, che non aveva mai messo piede fuori dalla penisola, e che ancora nel 264 aveva superato lo stretto di Messina su di un ponte di barche, si dotò in fretta di una flotta da combattimento, grazie alla quale riuscì a cogliere alcune importanti vittorie (capo Ecnomo e isole Egadi). Nel contenzioso più che ventennale, Roma riuscirà alla fine a prevalere, sostenendo costi umani e finanziari estremi. Fra i tanti esempi di virtus romana all'opera in questa guerra, segnaliamo l'avventura e il sacrificio di Attilio Regolo che, pur potendosi salvare, sceglierà di tornare a Cartagine da prigioniero e di affrontare il proprio destino. Al termine della guerra, nel 241, Roma avrà esteso il suo dominio alla Sicilia (divenuta la prima provincia romana nel 227), e di li a pochi anni riuscirà a imporre il proprio potere su Sardegna e Corsica, diventando la dominatrice incontrastata del mar Tirreno. La lezione si concluderà con un excursus nell'Adriatico orientale, dove Roma, negli anni fra la prima e la seconda guerra punica, riuscirà ad instaurare un protettorato sull'Illiria, affacciandosi per la prima volta verso il mondo greco