Commento a Atti 11, 1-18
Gli Atti, come i Vangeli, sono sempre attuali come sempre uguali sono i problemi dell’uomo e della chiesa. Ogni epoca è chiamata a viverli in prima persona. Grave errore è non riconoscerli o far finta che non ci siano. La chiesa dura nel tempo perché la Parola di Dio la chiama a conversione ogni giorno.
Dio continua nel mondo la sua opera di creatore perché, grazie alla libertà dell’uomo, ci siano cieli nuovi e terra nuova (2Pt 3,13). Allora lui sarà tutto in tutti (1Cor 15,28). A noi però la novità fa paura, perché ci chiede un passo in avanti verso l’ignoto. La realtà non è problematica, se non per chi la vuol negare. Sta a noi cogliere i problemi come occasione di crescita.
Negli Atti degli apostoli vediamo le fatiche e le gioie della prima comunità che, con sorpresa, scopre lentamente che gli ostacoli interni (le crisi) e quelli esterni (le persecuzioni) sono momenti di crescita. Il corso della storia è una corsa agli ostacoli. Chi si blocca, si sottrae all’opera di Dio e alla propria di suo collaboratore. Qui vediamo l’ostacolo per eccellenza, che è lo scandalo, qualcosa contro cui s’inciampa, con pericolo di cadere.
Pietro scandalizza i suoi fratelli tradizionalisti che lo contestano. Anche lui, si è scandalizzato di Gesù quando lo chiamò satana (Mc 8,33pp.), come si è scandalizzato alla voce dal cielo che gli dice di mangiare cibo immondo…
Gesù infatti è pietra di scandalo per tutti (Mc 14,28pp.). Il suo è lo scandalo della croce (1Cor 1,23), salvezza di ogni perduto; per questo scandalizza proprio quelli che sono causa di perdizione. Gesù ha detto di non scandalizzare i piccoli e i perduti; ma dall’inizio alla fine ha scandalizzato i (sommi) sacerdoti, gli scribi e i farisei. Entrò con la frusta nel tempio (Gv 2,13pp.), fu bollato come bestemmiatore (Mc 2,6pp.), pazzo (3,21), indemoniato, alleato di Beelzebul (Mc 3,22) e samaritano (Gv 8,48). Tra le persona religiose ha sempre scandalizzato, oltre che i suoi parenti e i suoi discepoli, anche tutti i potenti, i sapienti e i giusti. Il Vangelo è eterno: così era allora, così è oggi e sarà sempre – fino a quando vedremo Dio faccia a faccia.
Oggi sembra che la chiesa abbia solo la preoccupazione di non scandalizzare gli ipercredenti, i tradizionalisti che vanno contro la tradizione. Infatti tradiscono il Vangelo perché non lo trasmettono ai poveri, ai piccoli e agli esclusi. Proprio con questi ultimi il Figlio dell’uomo si è identificato, sino a farsi maledizione e peccato ( Gal 3,113; 2Cor 5,21) per salvare tutti. E noi siamo salvati da ciò che facciamo a loro (Mt 25,31ss).
Se Pietro non supera questo scandalo, interno prima a lui e poi ai credenti più vicini, non adempie il suo compito di testimoniare il Vangelo a tutte le genti e a tutte le culture. Anche noi oggi pretendiamo di insegnare a tutti la nostra legge e il nostro linguaggio. Così scandalizziamo i piccoli e i lontani, per non incomodare noi stessi. Come Gesù e Paolo – con fatica lo fa anche Pietro – dobbiamo imparare a farci “tutto a tutti, per salvare a ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22). Invece di insegnare agli altri il nostro alfabeto – cioè la nostra cultura - dobbiamo noi inculturarci agli altri, imparando il loro alfabeto. Paolo si sente debitore del Vangelo ai greci (=pagani) e ai barbari; per questo lo annuncia sino a… Roma (Rm 1,15). Roma infatti è il cuore della paganità, dove convivono schiavi da tutto il mondo.
Gesù parlava con semplicità alla gente del Regno di Dio, perché tutti potessero capire. Ma parlava con durezza contro le tradizioni che ci inventiamo e tramandiamo noi, annullando la Parola di Dio (cf. Mc 7,1ss). Nostra “tradizione” fondamentale da trasmettere a tutti è l’eucaristia: il corpo di Gesù, consegnato nelle mani di noi peccatori per farsi nostro cibo di vita nuova (cf. 1Cor 11,23ss).
Se la chiesa è solo preoccupata di non scandalizzare i potenti e quelli che si ritengono nel giusto, tradisce il Vangelo: è dimissionaria dalla sua missione. C’è purtroppo uno scisma grave della chiesa dal mondo al quale è inviata. E questo dipende dalla nostra mondanità: invece di essere a servizio degli altri, vogliamo che gli altri servano a noi, alle nostre idee e alla nostre istituzioni. Ci siamo costruito il nostro “piccolo mondo antico” e da esso non ci vogliamo smuovere, contrabbandandolo come Regno di Dio. Così inganniamo noi stessi e scandalizzando i piccoli a cui siamo inviati.
La chiesa di Gerusalemme è scandalizzata e contesta Pietro perché è entrato dai pagani e ha mangiato con loro. Pietro si difende confessando il suo stesso scandalo alla voce di Dio e raccontando la visione di Cornelio, l’incontro con lui e la discesa dello Spirito su tutti loro, come già sugli apostoli.
Dio stesso ha condotto tutta la storia, scandalizzando i credenti per aprirli ai fratelli. Pietro conclude dicendo: “Chi ero io per impedire Dio?”. Lui, come loro, ha cercato di ostacolarlo, ma non è riuscito a impedirgli di compiere il suo disegno…
Quando capiremo questo? Ogni volta che Dio agisce, è per noi uno scandalo. È veramente scandaloso e “paradossale” quanto egli fa e si fa per noi: muore in croce per noi che lo uccidiamo!
L’azione di Dio con Cornelio e Pietro è raccontata tre volte: descritta prima in diretta, è poi narrata altre due volte. È la storia continua della fedeltà di Dio e delle nostre resistenze ad essa. Ostinato lui ad agire per aprirci alla sua grazia, ostinati noi a reagire per chiuderci ad essa!
N.B. I suoi fratelli accusano Pietro di essere “entrato” dai non circoncisi e aver “mangiato con loro”. Il tema, sviluppato con sapiente progressione, occupa i cc. 10-15 degli Atti. La trasgressione di Pietro è l’essenza del cristianesimo, aperto a ogni uomo, prescindendo da appartenenze religiose, razziali e culturali. Infatti Dio si è rivelato nella carne del Figlio dell’uomo che si è fatto fratello di ogni uomo. Per questo è figlio di Dio, e in lui Dio di manifesta Padre di ogni uomo. “Entrare” e “mangiare”, essere ospiti e vivere insieme da fratelli che si accolgono l’un l‘altro, è l’unica legge che compie ogni legge (Rm 13,8-19), senza discriminare alcuno e unendoci tutti. Ma non è un’unione “antropofagica”, dove uno mangia l’altro – come fa ogni religione: “Chi non è come noi, è altro da noi, potenzialmente contro di noi!”. Infatti si mangia “con” l’altro, creando comunione d’amore – che suppone alterità e valorizza limiti e differenze. Solo così si genera altri e continua la vita sulla terra. “Ospitarsi” reciprocamente e “mangiare insieme” invece di mangiarsi l’un l’altro, è il nocciolo di ogni relazione: di coppia, di famiglia, di comunità, di stato e di nazioni. Oggi il mondo è ormai un villaggio globale. Ora l’uomo è finalmente costretto a ospitare ogni altro come fratello, altrimenti è impossibile la vita sulla terra.
Con la morte in croce del Figlio dell’uomo – ucciso dalla religione, dai potenti e, simbolicamente, anche dai discepoli che lo abbandonano – Dio ha fatto unità tra tutti i suoi figli dispersi nel mondo (Gv 11,52; 1Gv 2,2; Ef 3,13-18). La libertà dei figli di Dio, frutto della croce del Figlio dell’uomo, è il centro della lettera ai Galati. È il manifesto del cristianesimo: Dio è per l’uomo, perché ogni uomo, facendosi fratello di ogni figlio d’uomo, diventi come Dio. In questa comunione ogni differenza si relativizza per entrare in relazione con l’altro. Anche quella differenza che ci differenzia dagli altri – ossia la circoncisione, segno di appartenenza al “noi” dell’alleanza – è mantenuta, ma non discrimina più: va mantenuta come segno dell’ “lalterità” che si apre a ogni altro, come all’Altro. Così il figlio maggiore si apre al minore e si sana la ferita di Caino – radice di ogni fraternità negata e negazione della stessa Paternità. Ora l’alleanza, come fu promesso ad Abramo, si estende a ogni uomo (Gen 12,3), a ogni “carne” (Gl 3,1).
DIVISIONE
a. v. 1: la novità del fatto: i pagani sono come gli apostoli e i fratelli giudei!
b. vv. 2-3 : i circoncisi accusano Pietro per esser entrato e aver mangiato da un pagano
c. vv. 4-12: Pietro capisce il loro scandalo e confessa il suo scandalo alla voce di Dio
d. vv. 13-14: racconta la visione di Cornelio
e. vv. 15-17: racconta il dono dello Spirito: chi sono io per contestare Dio?
f. v. 18: si acquietarono e glorificavano Dio per i pagani