(Testo di riferimento: Matteo 16,24-28 - La Bibbia)
Gesù aveva appena scioccato i discepoli annunciando la sua morte e la sua risurrezione. Pietro si era opposto a questa idea perché, secondo la logica umana, non aveva senso. La logica divina era diversa e Pietro aveva difficoltà a capirla.
Ma la lezione per i discepoli non era finita: non solo Gesù sarebbe morto sulla croce, ma anche loro dovevano essere pronti a prendere la propria croce. Cosa significava questa espressione per i discepoli? E cosa può significare per noi oggi?
Ne parliamo in questo trentanovesimo episodio della serie sul vangelo di Matteo.
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la troverà. (Matteo 16,24-25)
Gesù aveva già parlato di questo tema nel capitolo 10 dove aveva avvertito i discepoli circa l'opposizione che avrebbero trovato nella società e addirittura nella propria famiglia. In Matteo 10,38-39 Gesù aveva affermato: Chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Come avevamo già detto in quell'occasione, Gesù sta parlando di un argomento piuttosto serio. Parlare di croce, a quel tempo, equivaleva a parlare di morte. Dire a qualcuno di prepararsi a portare la croce equivaleva a dire di prepararsi a morire! Ma quindi Gesù si aspettava che i suoi discepoli fossero pronti a morire pur di seguirlo?
Gesù stava dicendo ai propri discepoli di essere pronti a rinunciare a se stessi, ovvero di mettere da parte i propri progetti, le proprie aspettative, per seguire il maestro. Sostanzialmente, chi voleva essere suo discepolo doveva essere pronto a considerare la volontà del maestro come più importante della propria. Significava quindi essere pronti a seguirlo accettando le conseguenze di tale scelta.
Seguire Gesù poteva significare essere disprezzati dai propri parenti, dai propri concittadini, ma poteva anche significare persecuzione, prigione, e, in alcuni casi, poteva costare la vita stessa. Era quindi appropriato che Gesù utilizzasse l'espressione "portare la croce".
I cristiani, ieri come oggi, sono disposti ad accettare anche la persecuzione pur di non rinnegare Gesù. Questa abnegazione, agli occhi degli altri, potrebbe sembrare una vita sprecata. "Chi te lo fa fare ad essere pronto anche a perdere la vita pur di seguire Gesù?"
Eppure, le testimonianze che ci pervengono ogni giorno da diverse parti del mondo, ci confermano che tanti cristiani hanno preso sul serio le parole di Gesù, e non si tirano indietro di fronte a chi li vuole costringere a rinnegare ciò in cui credono. Perché resistono? Perché hanno capito che le parole di Gesù sono vere: "chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la troverà. ”. Gesù promette una vita oltre la vita, una vita eterna per chi lo prende sul serio. Spendere la vita per seguire Gesù è una vita guadagnata.
Chi preferisce invece tenersi la sua vita così com'è, senza preoccuparsi della volontà del maestro, secondo Gesù sta sprecando la sua vita, la sta perdendo, perché alla fine, se rinuncia alla vita eterna, non gli rimarrà nulla.
C'è però, a questo punto, una domanda importante di Gesù alla quale ognuno di noi dovrebbe rispondere.
Che gioverà a un uomo se, dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde poi l'anima sua? O che darà l'uomo in cambio dell'anima sua? Perché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo,